Page 12 - PAOLO STACCIOLI
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comprendere l’entusiastica adesione ad una corrente,
non codificata da nessun manifesto, ma per la quale
artisti, storici e critici di differenti scuole e formazioni
riuscirono straordinariamente a trovare un terreno
di comune sentire, prima che il dilagare del Fascismo
trasformasse il tentativo di nuove vie espressive nella
rivendicazione strapaesana della superiorità della razza
italica assecondando, più o meno intenzionalmente,
le tendenze più conservatrici e passatiste (portando,
inevitabilmente, le motivazioni originali allo
snaturamento ed al deterioramento).
È certamente quel genuino, primo entusiasmo che
consente a Staccioli di sentirsi, idealmente, parte di
quelle fila. Come se ottanta anni di storia non fossero
riusciti a distruggere una lezione artistica ancora capace
di risultare aggiornata, anche nel nostro sclerotico
tempo.
Tutto ciò asserito, come è ovvio, a patto che le condizioni
critiche non siano, comunque, stabilite a priori, e che si
proceda nel confronto con le dovute distinzioni: Staccioli
rimane, per sua natura, lontano dalla celebrazione
sottilmente intellettualistica del mito arcaico, rilevabile
negli intendimenti teorici e formali di buona parte dei
protagonisti della stagione dell’Arcaismo novecentesco.
Né è tanto meno interessato da una regressione
interpretativa filologica. In maniera del tutto naturale,
egli innesta sul tronco della propria tradizione figurativa
e tettonica la volontà costruttiva delle proprie opere,
ed è certamente in questo che ostenta la sua orgogliosa
toscanità.
Ne sono prova le prime formulazioni del tema del
guerriero, per il quale Staccioli si misura, per la prima
volta, con una plastica più ruvida e materica, elaborando
una forma massiccia e rotonda, dalla superficie scabra e
modellata a tocchi rapidi ed irregolari, arricchita dagli
sgargianti effetti cromatici delle epidermidi. Sono figure
caricate di un fascino arcano, che richiamano, nella
serrata costruzione formale, il frammento antico: sono
guerrieri destabilizzati nella loro integrità, privati degli
arti – le braccia completamente amputate, le gambe
troncate al ginocchio, spesso li troviamo persino con
una benda che ostruisce la vista – eppur dotati di una
compiutezza ed intensità espressiva alla quale concorre,
senza dubbio, il ricorso all’espediente della citazione
del frammento, della scultura mutilata, come un antico
reperto, come fosse sopravvissuta a lunghi periodi di
incuria e deterioramento.
Omesso è, peraltro, ogni strumento di attacco: il
guerriero di Staccioli è dotato di soli strumenti di difesa Bronzo, 006
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