Page 14 - PAOLO STACCIOLI
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Pontefice, abbagliato dall’effetto d’insieme dei rossi differenza degli altri viene appositamente formulato da
purpurei delle vesti, Staccioli inizia a registrare le Staccioli per essere inserito in una grandiosa installazione,
sue impressioni, delineando un soggetto quanto mai presentata al pubblico nel giugno del 005 alla storica
accattivante. Un soggetto che prende ancora origine dal Fornace Pasquinucci di Montelupo Fiorentino. Uno
mondo reale, ma diviene subito traslato in un accadimento straordinario e bizzarro conclave, fermato nel momento
fiabesco, esito della visionarietà dell’artista. Il quale in cui, ad elezione avvenuta, i candidati si avviano, non
osserva nell’insieme la massa enorme e spettacolare dei privi di una certa delusione, alle proprie destinazioni.
suoi modelli, confonde la distinzione tra il dato visibile Centoventi sculture discendenti da una piramide, snodate
e l’immagine già distillata nella sua mente, e dà avvio in gruppi che sostano in capannelli, commentando
ad una nuova, fortunata tipologia scultorea, dove più il fatto avvenuto, altre che si incamminano solitarie,
che mai gioca la spettacolarità delle volute e dei colpi racchiuse nei propri pensieri, ed altre ancora, in fondo
di pigmento, con una libera effusione di vermiglio che alla piramide, portate via dagli usati carretti, già fantasiosi
conquista, finalmente, la quasi totalità della superficie veicoli impiegati per guerrieri e viaggiatori.
modellata. Una incalzante, tutta toscana, carica ironica è la chiave
La struttura plastica dei corpi, nascosta e ammantata che risolve l’interpretazione di quest’opera; un fare
dalla gonfia veste scarlatta, mantiene una forma provocatorio, ma inteso nel senso più giocoso del termine,
pastosa, materica, modellata rapidamente, nella quale ha guidato Staccioli nell’ideazione di un conclave alla
si leggono chiaramente le impronte del pollice e dalla fine, quando la massa compatta dei partecipanti si
quale emergono le piccole teste, rivestite dal vermiglio frastaglia in tante, indipendenti e coloratissime unità. Ed
zucchetto. Un soggetto, quello del cardinale, che a ancora ci invita, con la consueta leggerezza, a cogliere la
sottigliezza dell’allusione, la propensione allo scherzo, la
volontà antiretorica che sottintende il suo fare artistico,
ed il suo personale legame dialettico con il mondo e la
sua società.
Il laboratorio di Paolo Staccioli è, a tutt’oggi, una fucina
di opere sempre rinnovate nelle soluzioni compositive,
formali e coloristiche, ed il suo cammino artistico non
conosce né inflessioni, né incrinature. La sua esplorazione
procede, negli ultimi tempi, attuando continui passaggi
linguistici, rivisitando quotidianamente i propri temi,
sottoposti al vaglio di un paradigma creativo in continua
evoluzione, che gli permette di giungere, nuovamente,
all’essenza del suo soggetto.
Riprende soprattutto il tema del guerriero, il più
significativo dei soggetti scultorei, sviluppandone
le premesse fino ad esiti più radicali, in termini di
ispessimento volumetrico, di architettura della massa
plastica che tende a liberarsi nello spazio, per ottenere
una nuova monumentalità. Nascono sculture di grandi
dimensioni, ancora bloccate in una immobilità rituale,
i piedi e gli arti inferiori sempre più appesantiti, la cui
sproporzionata gravità sostiene, quasi con ironia, teste
sempre più minute ed assottigliate. Le quali emergono
improvvise, trasgredendo ogni canone di stabilità e scala
visiva, dalla grumosità cretacea delle corazze.
E pur rimanendo attento a reperire inedite indicazioni
espressive nella ceramica, Staccioli pare oggi, allo stesso
Ceramica a lustro, 004 tempo, interessarsi sempre più al bronzo, più duttile