Page 33 - MARCELLO FANTONI
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tempo:fori,impronte,piani increspati e graffiature sono
                  l’indice di una rigenerata sensibilità raffinata ed
                  epidermica, attenta alla natura ed alle sue metamorfosi.
                      Una pagina eccezionale, uno degli obiettivi
                  qualitativi più elevati conseguiti dalla ceramica italiana.
                  Una vocazione che, in Fantoni, non troverà più soste:
                  con questi primi impianti prende l’avvio un’
                  esercitazione sul registro espressivo astratto che lo
                  accompagnerà, con soluzioni di volta in volta
                  diversificate, fino ai giorni nostri.
                      Una stagione, quest’ultima, ancora nel pieno della
                  sua fertilità, e nella quale Fantoni appaga la sua estatica
                  emotività nella libera esplorazione di atmosfere surreali,
                  cedendo all’impulsività di un’azione “pittorica” libera
                  ed incontrollata. Una poetica garbatamente ironica,
                  svincolata da ogni pratica descrittiva, che concede alla
                  sovrapposizione indistinta di forme e colori puri
                  l’intera trama delle sue creazioni. È la trasognata
                  sensibilità che si respira nelle lastre refrattarie degli anni
                  Novanta, dove affiora l’orditura dei vortici delle
                  costellazioni celesti, delle eclissi ed esplosioni solari, dei
                  moti astrali, dei fenomeni dello spazio. Qui, trame di
                  colori granulari si determinano, quasi per effetto di un
                  dripping, in circuiti serpeggianti, tortuosi, estemporanei;
                  si disperdono in una libera costellazione di colate
                  laviche quanto mai suntuose, con le quali Fantoni
                  sembra voler colmare ogni lacuna della superficie.
                      Un irrazionalismo creativo che si esplica anche
                  nella modellazione di piccole sculture – nate
                  inizialmente dall’idea di assemblaggio di scarti di
                  laboratorio – come i  Meteoriti e  Le rose del deserto,
                  affrontate negli anni più recenti in svariate stesure e
                  modulazioni cromatiche. Si direbbe, con queste, che
                  Fantoni non conosca alcun tipo di sforzo manuale:
                  tanto ha in sé il senso delle forme,il valore della materia
                  nelle sue infinite potenzialità di adattamento estetico e
                  fluidità plastica, che può elevare a partitura emotiva e
                  musicale qualsiasi elemento che desti la sua attenzione.
                      Viene da pensare che non altrimenti Marcello
                  Fantoni avrebbe potuto condurre la propria ricerca con
                  il medium della ceramica, per rimanere fedele a quella
                  sua connaturata vocazione di un’arte in continuo
                  divenire. Una parabola che abbiamo visto sorgere sulle
                  basi di un’armonia serena, antica, originata dalla solida
                  tradizione artistica etrusca e toscana; una felicità fisica
                  infranta a poco a poco, col ricordo della guerra prima,
                  coll’avanzare delle neoavanguardie post-belliche poi.
                  Una disgregazione che non lascia mai, comunque,
                  rovine dietro di sé: l’opera di Fantoni, anche laddove
                  manifesta un umano dolore, tende comunque ad una
                  liricità, ad una tensione musicale che ce lo consegna,
                  oggi, come uno dei più sensibili e vivaci interpreti
                  dell’arte del nostro tempo.



                                                         Elisa Gradi







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