Page 32 - GIAMPAOLO TALANI
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(assai più perturbante di quella della costa tirrenica), alle prese con la costruzione di
un’esistenza appunto da“cast away”, cioè da “tagliato fuori”, soprattutto quando torna a
casa (e non poco “cast away” appaiono anche gli animali di battigia). Oppure quello mite,
smarrito e indifeso (ma non sciocco e molto dignitoso) di “The terminal”, bloccato dalla
burocrazia a vivere nell’aeroporto di New York, che tiene sempre con sé una scatola dal
contenuto misterioso, gelosamente custodita come le valigie dei viaggiatori di Talani. Ma
forse il più adatto al ruolo sarebbe quello rielaborato in digitale e trasformato in cartoon
con la tecnica della “performance capture”, già in perfetta sintonia con un personaggio
dall’anima dipinta, del magico “Polar express”. Il microcosmo della battigia, come quello
dell’isola del naufrago o del terminal dell’aeroporto, è infatti il palcoscenico, insieme
fiabesco e realistico, di un apologo poetico che nasconde la profondità sulla superficie,
alternando i registri della leggerezza fantastica e della pensosa malinconia, dello
struggimento e dell’ironia, per mettere in scena la buffa tragedia dell’apolide e la sua crisi
di identità. Dando il dovuto risalto alla commedia dei sentimenti, alle risorse dell’amore
e dell’amicizia, ma anche al dramma della solitudine e alla diffidenza del prossimo,
crea un fecondo corto circuito fra un cuore antico e un’inquietudine contemporanea,
fra senso di smarrimento e bisogno di radici, con l’uggiosa sensazione di vivere una
vita incompleta, surrogata o inautentica. Se la rosa dei venti della bussola non è più lo
strumento adatto a orientare il cammino, sarà l’orchestrazione jazz delle pitture di Talani
a organizzare il caos dei nostri tempi complicati, a comporre, in una jam session di linee,
colori ed emozioni, una nuova armonia del mondo. Facendosi carico delle perplessità e
degli smacchi, ma rivendicando con ostinazione il caleidoscopio di vitalità e malinconia,
nostalgia e desiderio che presiede al destino di ogni partenza e di ogni ritorno. Come nel
finale di “The terminal”, sarà lo swing a salvarci.
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